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[Liberazione] Dal processo contro il Sud Ribelle la conferma che il corteo di Tolemaide era autorizzato

G8 del 2001, dal processo contro il Sud Ribelle la conferma che il corteo di Via Tolemaide, era autorizzato. «Perché fu caricato?».
Genova: parlano i parlamentari bloccati ai cancelli della Diaz: ci dissero che era una normale perquisizione.

Mentre a Cosenza il capo della digos genovese, all’epoca del G8, confermava che il corteo delle tute bianche era autorizzato, a Genova, il responsabile della logistica del Gsf, Stefano Kovac, riferiva - al processo Diaz - di una strana telefonata con il capo della polizia politica della città. Poco prima della sanguinosa irruzione nel dormitorio dei manifestanti. Ieri i due processi - uno contro i presunti ”sovversivi“ del Sud ribelle, l’altro contro i funzionari che guidarono l’irruzione e parteciparono a vario titolo, secondo l’accusa, alle violenze e agli abusi contro i manifestanti - hanno rivangato alcuni momenti cruciali di quei giorni del luglio 2001. Nel capoluogo ligure è stata la volta di Graziella Mascia, deputata del Prc, che ha ricordato non solo ricorda di aver cercato e non aver trovato un responsabile, ma di aver chiesto alle forze dell’ordine di andarsene e di essersi sentita rispondere «non posso farci nulla» da un imbarazzato questore. Scajola (allora ministro dell’interno) e De Gennaro (tutt’ora Capo della Polizia) si negarono. Fu Bertinotti a riferire a Mascia che De Gennaro aveva negato ogni margine di trattativa. E il suo portavoce, quella notte, era a sbarrare la strada a legali e parlamentari che tentavano di entrare alla Diaz. Nesci, consigliere regionale Prc, arrivò con Ramon Mantovani: ieri ha ricordato come fu respinto «con decisione, a spintoni», fino a Mortola dice loro che «é tutto a posto e che non è successo nulla». Una normale perquisizione, proprio come sostenne il Viminale. Dopo di loro, Kovac smonterà la tesi di Mortola che fonda infatti l’operazione su una presunta telefonata avuta con Kovac in cui gli sarebbe stato comunicato che il Gsf aveva perso il controllo su chi ci fosse dentro le scuole. Kovac gli spiegò solo che sin da giovedi dopo il nubifragio alcuni manifestanti si erano spostati a dormire nella Diaz ma, insospettito dalla domanda, concluse la conversazione esortando il capo della digos: «Non fate cazzate». Risposta: «No, no, stai tranquillo, non succede nulla».

Più o meno nello stesso momento, Mortola subiva a Cosenza il controesame delle difese facendo, secondo il comunicato diramato dal Supporto legale (i consulenti del Genoa legal forum) «parecchie importanti ammissioni». La prima sul fatto che il corteo dei disobbedienti avrebbe utilizzato scudi e protezioni passive e che la digos ne era a conoscenza. Cadrebbe così il presupposto di una “bardatura” a sorpresa delle ex tute bianche riprese dai filmati (mostrati in aula) a invitare più volte, dal camion, i manifestanti a non armarsi. Mortola aveva accusato Caruso di aver incitato la folla a reagire violentemente dopo la prima carica di via Caffa ma in un altro video lo stesso Caruso grida dal camion: «Non tirate pietre, no stones, Genova ha
mille strade, questo è il corteo della disobbedienza civile». E, sugli avvenimenti relativi alla carica e a tutto quello che ne seguì, fino all’omicidio di Carlo Giuliani, Mortola confermerà in toto la ricostruzione fatta dagli avvocati della difesa: il corteo era autorizzato fino a piazza Verdi, i suoi uomini dovevano accoglierlo, ma i carabinieri agli ordini di Mondello lo intercettano e caricano.

Perchè? Mortola ipotizza che «forse i carabinieri avevano visto il corteo fare qualcosa di strano» ma lui stesso aveva dichiarato che i militari non potevano vedere il corteo scendere da Piazza Alimonda. Quanto alla carica, per Mortola, sarebbe stato «criminale» farlo utilizzando i blindati. Ma così fu. Il funzionario giura che non avrebbe mai ordinato una cosa del genere ma che bisognava tenere conto che un blindato era stato assalito e incendiato. Ma quell’episodio avvenne solo dopo quella carica.