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[Comunicato stampa] Diaz. Primi riconoscimenti di funzionari: "Si voltavano dall'altra parte"

Oggi si è tenuta la decima udienza del processo Diaz nell'aula bunker del tribunale di Genova.

Due le testimonianze di questa lunga giornata (l'udienza è terminata alle 17.30). Il primo è D.A., ragazzo tedesco pestato a sangue al primo piano della scuola Pertini. Quando vede da una finestra l'arrivo della polizia e comincia a sentire le urla, decide insieme agli altri di mettersi fermo con le mani alzate. I poliziotti arrivano a passo veloce, "urlando, e con i gesti ci hanno fatto capire che dovevamo sederci. Poi si sono fermati davanti a ciascuno di noi e hanno iniziato a picchiarci con i manganelli soprattutto sulla testa. Sembrava che appositamente volessero colpirci sulla testa, con tutta la loro forza". Un pestaggio metodico, tutte le persone presenti in quel corridoio vengono massacrate e restano sanguinanti sul pavimento. A questo punto D. ricorda due funzionari in abiti civili di cui uno con casco e barba. Non viene affettuato in aula alcun riconoscimento, ma di funzionari con la barba e il casco alla Diaz ce n'è uno solo: Francesco Gratteri, allora direttore dello Sco.

D. vede anche l'episodio utilizzato come giustificazione dell'irruzione: la fantomatica aggressione alla pattuglia comandata da Di Bernardini. D. è molto preciso e sicuro: "c'era tanta gente nel cortile e sulla strada. L'arrivo delle pattuglie sembrava una provocazione. C'erano persone che gli hanno urlato assassini, ma nessuno ha lanciato nulla e le macchine si sono allontanate senza fermarsi".

D. viene portato all'ospedale dove, il giorno dopo gli viene diagnosticato un ematoma cerebrale, e viene operato d'urgenza. Quando si risveglia si rende conto di essere continuamente sorvegliato dalla polizia, senza che nessuno gli spieghi che è in stato di arresto. La tragedia si trasforma in farsa quando una mattina viene portato in barella per fare una tac e un carabiniere ha la bella pensata di mettergli le manette legandole alla lettiga. Peccato che poi queste manette non riescono più ad aprirle e verranno aperte solo da un fabbro "con la cassetta degli attrezzi" circa sei ore dopo.

La seconda teste è V.B. anche lei parte offesa che si trovava nella palestra. Più fortunata di D., perché "avevo altre persone davanti che mi hanno fatto da scudo umano", racconta con precisione tutta la fase del pestaggio nella palestra compresa la presenza di alcuni funzionari in borghese mentre ancora gli agenti pestano a calci e manganellate i ragazzi portati giù dal primo piano: "ricordo che i funzionari mentre gli agenti continuavano a picchiare le persone si voltavano di spalle. Ho avuto l'impressione che volessero chiudere un occhio, come di fronte ad una marachella".
E uno di questi due funzionari V.B. l'ha visto bene, e lo ricorda anche perché lo rivede qualche giorno dopo, nella tv del carcere dove è rinchiusa, mentre rilascia un'intervista ad un telegiornale. Quando gli viene mostrato un video che ritrae un gruppo di funzionari di fronte al portone di ingresso della Pertini, non ha alcuna esitazione: "È lui. L'ho anche rivisto l'anno scorso alla prima udienza preliminare di questo processo. Il mio avvocato mi ha detto che si chiama Giovanni Luperi".