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[il Manifesto] Lotte sociali in Italia, più di 8 mila a processo

Vi ricordate la straordinaria lotta di un'intera comunità che nel 2003 paralizzò per due settimane l'intera Basilicata? Il primo grande autogol del governo Berlusconi fu probabilmente compiuto in quell'occasione, quando si pensò di costruire nel metapontino il sito unico che avrebbe dovuto raccogliere i residui del nucleare italiano senza sentire cosa ne pensavano le popolazioni locali. A pagare, per la vittoria di Scanzano così come per l'opposizione alla costruzione di un termovalorizzatore ad Acerra, nel napoletano, sono stati i 328 manifestanti denunciati per blocco, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale. E la stagione del Trainstopping, il blocco dei «treni della morte» che dalle basi italiane trasportavano armi e mezzi diretti in Iraq? Centinaia di pacifisti si opposero in ogni modo alla partenza dei convogli, bloccando stazioni, binari e il porto di Livorno.

Ebbene, le denunce per le manifestazioni contro la guerra e i blocchi non violenti sono state oltre 500. Per qualcuno sono già arrivate le prime condanne, in genere con decreti penali che non prevedono contraddittorio e sanzioni pecuniarie. Il prezzo dell'opposizione sociale a quattro anni di governo Berlusconi, dalle lotte operaie ai movimenti no global e pacifista, è pesante. Dalle repressioni di Napoli e Genova, con i pestaggi in piazza, l'uccisione di Carlo Giuliani, le torture nella caserma Bolzaneto e l'irruzione notturna nella scuola Diaz, si è passati a una gestione più «soft» di cortei e proteste, fatta di criminalizzazione preventiva dei movimenti, anche attraverso qualche campagna mediatica, e poche botte in piazza, rimpiazzate da centinaia di denunce postume. Spesso per piccoli reati come resistenza o blocco stradale, ma quanto basta per neutralizzare decine e decine di attivisti, costringendoli per qualche anno a occuparsi di come risolvere le pendenze giudiziarie. Altre volte con accuse ben più pesanti, dall'associazione a delinquere alla rapina aggravate e all'estorsione, come è accaduto a 102 persone, militanti di Action o «fedeli di San Precario».

In tutto sono oltre 8 mila gli attivisti sottoposti a procedimento penale, secondo la ricostruzione effettuata dalla Rete per il reddito insieme alla rete di legali degli imputati.

Ma vediamo un altro po' di cifre: sono 4.450 i tranvieri denunciati per gli scioperi «selvaggi» durante la vertenza per il rinnovo del contratto di lavoro; 310 i forestali e i lavoratori socialmente utili nel mirino per aver bloccato le strade per non perdere il posto di lavoro; 45 i dipendenti dell'Alitalia denunciati per interruzione di pubblico servizio e danneggiamento durante la dura lotta per evitare che la compagnia di volo chiudesse addirittura i battenti; 250 i lavoratori della Fiat di Termini Imerese e 120 quelli dell'Alfa in sciopero contro l'azienda; 40 gli operai della Thyssen Krupp di Terni denunciati per blocco stradale dopo l'annuncio di chiusura dello stabilimento; 800 i disoccupati napoletani accusati di associazione a delinquere, estorsione e altri reati; 410 le persone sotto accusa per occupazioni di case, dieci delle quali già condannate a 18 mesi di carcere; 264 i militanti che hanno partecipato a iniziative contro i cpt; 577 quelle cadute sotto la scure della giustizia per mobilitazioni antifasciste e 282 gli studenti per le mobilitazioni in difesa del diritto allo studio. C'è poi la lunga e complicata partita giudiziaria relativa ai fatti di Napoli e Genova, con 218 persone sottoposte a procedimento penale nel capoluogo ligure e nel contestato processo di Cosenza. Per questo da più parti, nei movimenti, arriva la richiesta di un provvedimento di amnistia e indulto per le lotte sociali. Come aveva fatto appello da Parigi, all'indomani della morte del papa, Oreste Scalzone, accompagnando la richiesta con uno sciopero della fame.

il manifesto, 19 maggio 2005