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[processo ai 25] Comunicato stampa: La banalita' del tenente

"Non so chi dava ordini: ho effettuato le cariche senza conoscerne le motivazioni". La deposizione smemorata del tenente Paolo Faedda.

La cinquantesima udienza vede comparire dinanzi alla Corte Faedda Paolo, tenente dei Carabinieri, responsabile del contingente del III Battaglione Lombardia, composto anche da 199 Carabinieri costituiti nella Compagnia CCIR "Alfa" (Compagnia di Contenimento e Intervento Risolutivo, costituita ad hoc per i fatti del G8).
Un'udienza rilevante e delicata, con molti reperti video mostrati al teste, tanto dalla Procura quanto dal collegio difensivo: Faedda era infatti alle dipendenze del capitano Bruno, deus ex machina della prima carica dei Carabinieri sul corteo autorizzato di via Tolemaide, evento cruciale di quella giornata e nodo decisivo del processo ai 25 manifestanti.
Faedda, come gia' molti altri testi, dopo un esame dei PM non senza intoppi, durante l'esame della difesa vacilla e si produce in innumerevoli "non ricordo", senza contare le numerose contraddizioni e bugie.
Temporalmente la sua deposizione si situa tra la prima carica, i conseguenti fronteggiamenti tra via Tolemaide, corso Torino, via Casaregis e via Invrea e la seconda carica in via Tolemaide, che il teste non vede.
Nella mattinata del 20 luglio 2001 il tenente Faedda raggiunge il battaglione in via Pisacane. Poco dopo, per ordine del dirigente di PS Mondelli - il funzionario PS a capo dei plotoni dei CC - caricano alcuni manifestanti travisati che lanciano oggetti, in corso Torino. Poi in tarda mattinata si spostano in Piazza Tommaseo e successivamente in via Invrea. Poco dopo, arrivando da corso Torino, parte la carica contro il corteo autorizzato in via Tolemaide. Faedda, senza contatti con alcun funzionario di Polizia, continua a seguire la strategia del duo Bruno-Mondelli, "senza saperne le motivazioni": rimane poi con il contingente in attesa in via Tolemaide, dove registra una "sorta di pausa", in quanto "il dirigente PS aveva ordinato di fermare l'azione perche' doveva parlamentare con qualcuno". Dopo questa ricreazione di dieci minuti, arriva l'ordine di tornare indietro verso corso Torino dove Faedda, in seguito, dice di vedere - ed e' un'immagine piuttosto nota - il blindato rimasto in panne durante la manovra: con il motore spento il blindato e' fatto oggetto di "lanci di pietre, bastoni, un po' di tutto". Poco dopo un altro mezzo si avvicina e porta in salvo il personale, mentre il mezzo prende fuoco. A quel punto parte la seconda carica (quella del Dirigente PS Gaggiano) che Faedda pero' non vede: infatti si trova in corso Buenos Aires dove effettua qualche arresto, "non mi ricordo quanti, quattro o cinque forse".

I PM si giocano subito le proprie cartucce, passando alla visione dei filmati, mostrando peraltro al teste un video per una durata superiore rispetto a quanto depositato nell'elenco reperti. Faedda tentenna e balbetta, ma il PM Canciani riesce a strappare dei "si", anche se poco convinti. Le sue difficolta' si snodano in modo emblematico durante l'esame della difesa: dopo le domande di rito sul ruolo del teste - durante le quali Faedda, con estrema nonchalanche, tesse le lodi dei gas "inabilitanti, in grado di bloccare per almeno quindici minuti chi lo subisce" - inizia a evidenziare alcune incongruenze emerse durante l'esame dellÂ’accusa, soprattutto in relazione ai movimenti del teste e alla sua possibilita' effettiva di aver visto davver cio' che i PM gli hanno mostrato.

La difesa mostra i propri video e Faedda sbanda: non si riconosce in una immagine in cui compare di profilo, con un segno evidente sul retro del casco, poiche' "non avevo segnali sul casco", ma poco dopo e' chino a vomitare con in mano il casco mostrato poco prima.
Dice di non avere effettuato arresti in via Tolemaide e anche in questo caso un video lo inchioda con il suo volto in bella mostra, senza casco e con le manette in mano mentre arresta un manifestante, cui ne seguiranno altri; finge di non sapere che il III Battaglione Lombardia ha fatto uso di manganelli irregolari (come gia' emerso e registrato durante le udienze precedenti), poi ammette che puo' essere accaduto che qualche carabiniere si sia dotato di uno strumento ad hoc poiche' "il tonfa non e' sicuro e si puo' perdere"; e' smentito nella sua fissazione dei "manifestanti che lanciavano sassi dalla massicciata" da un video in cui la massicciata e' sgombra e infine improvvisa un ossimoro da antologia quando definisce la presenza davanti al proprio plotone di alcuni giornalisti, "una presenza tranquilla, ma ostile".
La sua memoria selettiva gli consente il ricordo solo di alcuni episodi, mentre altri a distanza temporale ravvicinata sono completamente dimenticati.
Ovviamente non ricorda la svolta che il suo plotone - che riconosce - compie da corso Torino in via Tolemaide, durante la quale vengono malmenati due giornalisti: "Non ricordo", e' la sua risposta cui ne seguiranno molte identiche nel corso del controesame. Verso la fine dell'udienza Faedda appare stanco, ma per lui non e' ancora finita: le domande finali riservano ancora sorprese. Scopriamo infatti che "i Carabinieri possono munirsi di materiale comprato a proprie spese". Sorpresa in aula, con il teste che tenta il salvataggio in corner specificando che alludeva a "baschi, fondine, materiale deteriorabile".

Prossima udienza il 31 maggio 2005